Hai paura de I Cani? Da Roma con "Glamour"

I Cani, "Glamour"
Ascoltarlo sì o no: 77%
Brano migliore: “Storia di un impiegato”


Fidati, “Glamour” è “qualcosa in più”. Almeno questo è ciò a cui punta. Resta da capire se ci riesca oppure resti una pura velleità, tanto per stare in tema. Nella musica, nel cantato e nella scrittura è certamente più complesso dell’esordio, e certamente sarà meno virale. Chi lo aspettava per condividerlo su Facebook resterà deluso. In “Glamour” Niccolò Contessa si accontenta di raccontare storie, molto più personali degli spaccati socioculturali 2.0 disegnati nel primo album, e quindi meno universalmente empatiche. Niente aforismi da 140 caratteri da twittare agli amici. Ah sì, tranne questa: "Andare a chiedere favori alle stelle cadenti non è tanto di cattivo gusto quanto arrogante". Questa la vedremo in un certo numero di status, c’è da scommetterci. E, in effetti, è una frase che non vuol dire proprio un cazzo, presa da "San Lorenzo", vero punto debole del disco, una canzone quasi irritante nella sua banalità.

Ma nel suo complesso, “Glamour” parte da un’altra prospettiva, più consapevole. Niccolò non ci racconta delle dinamiche tra coppie o degli stereotipi hipster e da discoclub; cose in cui tutti, o perlomeno molti, si potevano riconoscere. Racconta se stesso, o almeno così fa pensare. Racconta episodi di vita liminali, con cui è più difficile immedesimarsi, a meno che tu non abbia sperimentato momenti analoghi, che a loro tempo non avevano trovato una colonna sonora adeguata a rappresentarli. E, magari a posteriori, ci ripensi. Il punto è che Contessa è una bella penna, per quanto mi riguarda è uno di quelli che vorrei mi raccontassero anche quante volte sono andati in bagno (al contrario della maggior parte dei miei contatti Facebook, che, puntualmente, lo fanno). In caso contrario, presterai maggiore attenzione alla musica piuttosto che ai testi.



Qui la trasmutazione è quasi completa. E allora ci si può chiedere come I Cani siano passati dagli 883 a suonare come avrebbero fatto i Baustelle se non avessero iniziato a prendersi troppo sul serio diventando terribilmente noiosi. Con variazioni sul tema, che quasi sempre li portano però lontani dal disco d’esordio. “Glamour” è un album che vuole farsi ascoltare un paio di volte almeno, se vi aspettavate una replica del sorprendente esordio. A quel punto la perplessità lascia spazio alla convinzione che è qualcosa che potrai amare. Un disco che ha tante cose da raccontare e lo fa in modo un po’ schizofrenico, non senza sbavature, ma con un risultato finale apprezzabile. E che farà rosicare più d’uno che ha “paura di tutto, soprattutto dei Cani”, e non ammetterà mai che è un buon disco. Mica un capolavoro, ma qualcosa di piacevole, interessante e maturo, soprattutto perché non si limita a replicare se stesso.

Uno dei brani più azzeccati, “Storia di un artista”, percorre ad esempio – e non è episodio isolato nel disco - le vie del cantautorato pop italiano. È azzardato dire che potrebbe essere un singolo dell’ultimo di Samuele Bersani? La canzone più in linea con l’esordio, ma solo per la linea strumentale, è “Storia di un impiegato”, un collage di citazioni e autocitazioni (e sì, l'autoreferenzialità a volte eccessiva è forse un handicap per il disco). Dai Diaframma a De André ai Long Island a 10 euro e le velleità che non bastano per vivere, per dire che dopo interviste ed essere divenuti astri nascenti di quattro poveri stronzi c’è anche una realtà da affrontare. In qualche modo, in questo filone s’inserisce anche “Corso Trieste”, bella e malinconica al punto giusto.

In ogni caso, il vincitore resta Mattycaos, colui che su Youtube s’è reso protagonista della recensione più profonda di tutte, nella sua cripticità, e che riflette la delusione del popolo del web per il secondo traditore album de I Cani. “Viva la fica e forza il Perugia”. Amen.

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