Astro nascente di quattro poveri stronzi

Se c’è un gruppo italiano in grado di creare un hype sproporzionato sono I Cani. Equamente diviso tra fanboy e haters, il pubblico, e in particolare quello avvezzo all’uso dei social network, non aspettava altro che stracciarsi le vesti dalla gioia o iniziare la sequela di insulti per il ritorno della band romana. I Cani, certo, ci hanno messo del loro per attirare le ire di chi con aria di superiorità li vuole responsabili del triste destino da cassieri di McDonald’s delle tante band italiane tanto-brave-e-artisticamente-elevate-ma-non-pompate-dal-marketing-e-da-Rolling-Stone. V per Vorreimanonposso. Del resto, Niccolò Contessa (attenzione, spoiler alert) non è certo il massimo della simpatia.

Ammetto che io per primo li avevo dati per morti e sepolti dopo la fine del tour un anno e mezzo fa. Non era difficile far suonare le trombe a funerale, oggi gruppi così si esauriscono nel tempo d’un tweet. Tanto efficaci sul momento, tanto veloci a finire in qualche archivio digitale abbandonato su una nuvola a Cupertino. Intervistandolo, Niccolò stesso mi disse a suo tempo che forse non ci sarebbe stato un secondo sorprendente album de I Cani. E proprio mentre i fan indiesfiga (che ormai da termine dispregiativo è diventato genere a sé) si sono trovati orfani pure de Lo Stato Sociale, su cui s’erano buttati a capofitto dopo la presunta fine de I Cani, eccoli riapparire. Tutto d’un colpo. Un messaggio criptico, ma neppure tanto, su Facebook; un volantinaggio al concerto milanese degli Editors; il giorno seguente un singolo su YouTube e poco dopo l’annuncio contemporaneo del nuovo disco e del tour. Che sappiano creare hype, nel bene e nel male, e giocarci, è fuori di dubbio.





“Non c’è niente di twee” è la canzone che precede “Glamour”. Sì, pure il titolo sembra fatto apposta per attirare l’odio degli indie-snob, quel “twee” è messo lì per scatenarli come un telo rosso davanti a un toro, o come Sgarbi assieme a un essere umano qualsiasi in uno studio televisivo. Ascoltandolo la prima volta, ho pensato che la bamba dei Pariolini doveva essere tagliata male, e non avere fatto granché bene a Contessa. Al secondo ascolto sono passato al “Ma sai che c’è, tutto sommato…”. Alla fine dei conti, il giudizio è: interessante, sembra voler cercare di alzare un po’ il tiro e non replicare banalmente il primo album, e il tentativo è apprezzabile e dà un senso di aspettare il disco. Ok, l’abbiamo letto tutti Rolling Stone (ci si può legittimamente chiedere il perché), alla citazione dei New Order ci arrivi in un secondo momento. Anche perché, diciamolo, poter ascoltare tutta la musica che vuoi su Internet ha un sacco di pregi, ma difficilmente ti permette di cogliere i particolari.

La cosa che voglio però sottoscrivere maggiormente di questo ritorno è la presa di coscienza di Contessa quando si definisce “astro nascente di quattro poveri stronzi”. 

Ci vediamo all’Estragon. È una minaccia.

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