Truth is out here: dentro lo storm Area 51
La verità è là fuori, e le cinquemila persone giunte a Rachel per lo Storm Area 51 sanno che a separarli da essa ci sono solo una ventina di miglia di deserto e una recinzione. Qualcuno ha provato a oltrepassarla davvero, ma si contano sulle dita di una mano. Gli altri sono rimasti al campo base per festeggiare il loro comune credo con musica e birra aliena, o al più hanno raggiunto i cancelli per qualche foto o raccogliere cimeli come il terreno o le rocce della base militare simbolo della pop culture.
È stata la settimana dell’orgoglio alieno, negli States. Prima l’ammissione del governo che alcuni famosi video di presunti avvistamenti Ufo sono originali e non contraffatti, poi il weekend del raid all’Area 51, partito come meme e finito per diventare un evento - anzi, una serie di eventi - nel mondo reale, mettendo in ansia autorità ed esercito.
Il campo base scelto per l’evento è stato il centro abitato più vicino all’Area 51: Rachel, un non luogo lungo la Highway 375 del Nevada, già soprannominata Extraterrestrial Highway, una mecca underground per novelli Fox Mulder che per quattro giorni ha accolto il festival Alien Stock. Il nome riprende quello di Woodstock, ma le vibrazioni sono più simili al Burning Man. Qui da giovedì a domenica si sono dati appuntamento migliaia di persone, ruotando attorno all’unico avamposto di civiltà dell’area, il motel ristorante e negozio di souvenir Little A’Le’Inn. Costumi da alieni, concerti dal vivo su un piccolo e polveroso palco, racconti delle proprie esperienze di incontri ravvicinati del terzo tipo, qualcuno gira un documentari, altri son lì solo per ballare e conoscere gente. Invece che dare l’assalto a una base governativa, ci si è accontentati di tirare in piedi un festival nel mezzo del nulla, a due ore di macchina da qualsiasi minimo segnale di presenza umana (presenze extraterrestri, beh, quello è da verificare, e qui giurano di non essere soli).
Tutto era nato per scherzo, quando lo studente californiano Marty Roberts organizza un finto evento Facebook, l’ormai celebre Area 51 Storm, un raduno davanti alla famigerata base supersegreta suggerendo che se ci andiamo in migliaia, non potranno fermarci tutti. Lo fa per amor di meme, ma la cosa viene presa sul serio dagli appassionati, con due milioni di “parteciperò”. Il che convince anche il governo USA a trattarla seriamente: in caso di tentativo di forzatura dei blocchi “non esiteremo a difenderci”. Chi ha orecchie per intendere.
Ottenuta un’inattesa attenzione globale Roberts ha prima organizzato a Rachel la sua Alienstock per accogliere per quattro giorni le folle che sul Web avevano annunciato la presenza al raid. Salvo poi tirarsene fuori una decina di giorni fa, temendo un disastro organizzativo e umanitario in un villaggio di 54 abitanti senza alcun servizio per accogliere ed eventualmente soccorrere le annunciate orde di persone. “Non ci tengo a essere ricordato come il creatore di un altro Fyre”, ha spiegato, citando il disastroso festival per ricchi dove un’organizzazione incredibilmente negligente ha trasformato un weekend di lusso alle Bahamas in un incubo stile “Il signore delle mosche”. Ha invece preferito spostare il suo Alienstock in un luogo sicuro, la Downtown di Las Vegas, con multinazionali come Bud a fare da sponsor. Un tradimento per il popolo alienista, e allora Collie West, proprietaria del Little A’Le’Inn, ha deciso di andare avanti da sé, richiamandone a Rachel la parte più dura e pura, epurandola dagli influenced alla caccia della Instagram story perfetta.
Nonostante le allerte e le stazioni locali e non solo di polizia e sceriffi in apprensione da settimane per l’incolumità dell’Area 51 ma pure di possibili migliaia di curiosi impreparati a passare quattro giorni nel deserto abbandonati a se stessi, si sono presentati in circa cinquemila durante i quattro giorni, mediamente attrezzati per passare il weekend senza alberghi, cibo, acqua o benzina a disposizione. “Eravamo i primi a essere un po’ preoccupati, è normale, non sapevamo quanta gente sarebbe davvero venuta - ammette West -, ma tutto è andato liscio”. Tanti si sono presentati ai cancelli del’Area51, solo in quattro o cinque han provato effettivamente a varcarli. Solo un paio di arresti per tentata invasione di proprietà governativa e qualche fermo per atti osceni o ubriachezza molesta. Nulla di fuori da questo mondo, insomma. Pure la Naruto Run è rimasta confinata al campeggio di Rachel. E, il che forse è la cosa più sorprendente per partecipanti a concerti e festival nostrani, figurarsi anarchici e improvvisati, la domenica mattina a Rachel non volava una cartaccia, a terra non si vedeva un bicchiere di plastica o una bottiglia. Stessa storia, stesso posto, stesso bar, il prossimo anno si torna al Little A’Le’Inn per il secondo Alienstock. “Lo rifaremo di sicuro”, promette West salutando i campeggiatori che pagano al bancone per l’ultimo hamburger alle porte dell’Area51.
E la verità resta là fuori, rinchiusa nella più iconica delle basi segrete. Ma, e anche per questo forse i cacciatori di alieni di Rachel han rinunciato allo storm, è probabilmente meglio così: se si fosse davvero entrati per poi scoprire che dentro l’Area 51 ci sono solo banali aerei militari, si sarebbe distrutto un mito. E sarebbe venuta meno la convinzione con cui continuare a ripetersi “I want to believe”.
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