This joke isn't funny anymore

Qualche giorno fa ho visto il – bellissimo – docufilm sull’ascesa degli Oasis, “Supersonic”. C’è a un certo punto un estratto di quando Noel in diretta tv disse che “tutti in questo paese si drogano, per me prendere droghe è come alzarmi e bere una tazza di tè”. Apriti cielo, tabloid scatenati, critiche a non finire. La reazione del buon Gallagher fu un’alzata di spalle: “Chissenefrega, io dico quel che mi pare e loro possono scrivere quel che vogliono, finché ci sarà la mia faccia in prima pagina ho vinto io”. Ecco, credo sia un po’ quel che è successo con Trump e che non abbiamo capito. E che ha portato un pericoloso estremista iper-conservatore alla Casa Bianca.

Troppo impegnati a parlare solo a se stessi, democratici, intellettuali, giornalisti, ci si è dimenticati che l’America non sono i bar letterari o i quartieri arcobaleno di San Francisco né la frizzante multiculturalità di New York. È una provincia sterminata fatta di persone che abitano in un paese da 300 abitanti e non hanno mai visto altro in tutta la loro vita, sono gli operai disoccupati e pieni di rabbia di infernali città industriali, sono una middle class lasciata letteralmente in mezzo a una strada da una crescita troppo veloce. Tutti si sono sorpresi della vittoria dell’impresentabile Trump, nonostante la massiccia campagna mediatica avversa, nonostante lo schieramento in forze delle star della musica e del cinema a favore della Clinton. Ma siamo sicuri che vedere De Niro coprire di insulti Trump e chi lo avrebbe spalleggiato sia stato utile alla causa democratica? Non è che tutti questi endorsement patinati siano diventati un boomerang, nell’incapacità di vedere quel popolo reale che davanti a un miliardario che sentenzia dalla sua villa con jet privato a Beverly Hills avrebbero reagito radicalizzandosi in senso opposto? E pazienza se pure Trump è un miliardario, un imprenditore che ha visto fallire un’azienda dopo l’altra lasciando a casa centinaia di dipendenti, pazienza perché le sue parole arrivavano dirette, ogni giorno, chiare e precise, per quanto folli, pacchiane, eccessive. Perché più diventava una macchietta presa in giro dal cosiddetto establishment, culturale, politico, mediatico, più diventava un eroe perseguitato per i sostenitori e più simpatico e tollerabile per gli altri. “Finché ci sarà la mia faccia in prima pagina ho vinto io”, appunto. E ha vinto.

Come è potuto succedere anche per uno così, uno violento, sessista e pericoloso? Dovrebbe essere facile capirlo, lo abbiamo già vissuto. Ricorderete un tipo che si chiamava Silvio Berlusconi, un miliardario imprenditore che prendeva i suoi voti dagli operai, un pluridivorziato che andava a puttane e raccontava barzellette con delle bestemmie e prendeva i suoi voti dai cattolici. Come Trump, per anni ne abbiamo fatto un giullare, lo abbiamo preso in giro per i capelli o l’altezza, per i gesti eccessivi e la teatralità ridicola, ne abbiamo fatto parodie, barzellette, quelli che oggi sono i meme e le gif sul neopresidente Usa. Ridotto a un clown, l’uomo che ha fatto più danni all’Italia negli ultimi 30 anni non ha fatto più paura, è diventato uno di casa; e mentre lo zoccolo duro di sostenitori si sentiva più unito nel cameratismo dei perseguitati, gli oppositori hanno finito per trattarlo col pietismo che rivolgi al nonnino un po’ rincoglionito, all’amico scemo a cui dai una pacca sulla spalla. Magari lo prendi in giro, ma non lo vedi più come un pericolo, e abbassi la guardia. Il Cavaliere Mascarato di Striscia la Notizia e tutti gli altri sfottò che ci sono stati propinati sono stati il più grande mezzo di propaganda che Berlusconi potesse sognare, e quanto ci ha giocato su? Le corna ai ministri, l’Obama abbronzato, la passione per le giovani donne. Ti indigni, lo sfotti, ci fai le barzellette e pian piano inconsciamente empatizzi con lui, perché in fondo chi al bar non ha fatto una battuta becera sulle donne, sui neri, sulla morte. È uno come te, e se pure non sarai mai d’accordo con lui, non lo vedrai mai come il demonio, e quel che dice sembra un po’ meno orribile. “Finché ci sarà la mia faccia in prima pagina ho vinto io”.


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