"How I couldn’t get over Robin”

Avvertenza: chi non avesse ancora visto il finale di “How I met your mother” e sia in qualche incomprensibile modo riuscito – a differenza mia – a evitare gli spoiler che spuntavano ovunque, è esentato dal leggere questo post. So di arrivare tardivo con tutto ciò, ma ho dovuto recuperare troppe stagioni in troppo poco tempo, ho fatto del mio meglio.


Ok, per i pochi che ancora non conoscono il finale (ancora, spiegatemi come diavolo avete fatto: non siete usciti, non avete aperto i social network e non avete parlato con nessuno da marzo ad oggi?) forse ho già detto troppo già nel titolo. Che poi, non è quello che tutti abbiamo pensato, almeno per una volta, che fosse destino succedesse? Qualcuno l’avrà pure sperato che, alla fine, Ted riuscisse a riprendersi Robin. Ci sono volute otto stagioni, 25 anni virtuali, tragedie strazianti, ma alla fine ce l’ha fatta a conquistare quella che nella prima puntata individua come la donna che sposerà. E lo fa anche al costo di “passare sul cadavere della madre dei suoi figli”, dicono i tanti che hanno odiato il finale di “How I met your mother”. Allora tanto vale chiarirlo subito: a me quel finale è piaciuto. Forse non l’unico possibile – anche se gli autori non ne hanno mai veramente contemplato un altro (lo vedremo) – ma comunque il più logico, anche in considerazione dello sviluppo della serie.


Condivido le critiche sulla forma: passate nove anni facendo indovinelli su chi sia la mamma, ci ammorbate per un’intera stagione
per raccontare il week-end del matrimonio tra Barney e Robin quasi in tempo reale, e poi condensate in 15 minuti finali una vita intera? Nell'ultima puntata c'è materiale per una stagione, invece in un paio di scene liquidate il divorzio di Barney e Robin (e allora a cosa sono servite quelle 22 puntate? Probabilmente solo a far capire a Robin che in realtà dovrebbe e avrebbe sempre dovuto stare con Ted), il figlio di Barney, la vita di Ted e Tracy e la morte di quella che dovrebbe essere il fulcro della serie – anche se poi scopri che non lo è mai stata. Tutto troppo veloce, troppo sproporzionato rispetto alla dovizia di particolari con cui ci è stato raccontato tutto il resto. Ma i contenuti, quelli sono sbagliati? Io dico di no. 
Mentre Marshall e Lily, chiuse le prime due stagioni, restano personaggi piuttosto statici nel loro ruolo della coppia sposata il cui obiettivo è solo figliare; Barney è quello che nei 200 e passa episodi ha una crescita e un cambiamento maggiore. Critica: perché buttarla via in due minuti dell’ultimo episodio, facendolo tornare l’uomo che era nel pilota? Risposta: il suo discorso finale, in realtà, è assolutamente coerente. Ho provato a essere una persona diversa, ho provato a crescere nel modo in cui mi dicevate voi, e non ci sono riuscito neppure per Robin. Adesso posso essere me stesso e basta, è così sbagliato non fingere di essere un altro? Non ditemi che non conoscete almeno una persona che da cazzaro irriducibile s’è trasformato nel perfetto fidanzatino e poi, mollato dalla ragazza, è tornato quello di prima. Che poi a cambiare davvero Barney sia la figlia accidentalmente avuta dall’ennesima avventura, che sia lei la donna della sua vita, è completamente comprensibile. Unica pecca, anche qui, la velocità del racconto, e il non avere nemmeno un accenno su chi sia la trentunesima ragazza del mese perfetto (porta lasciata aperta per uno spin-off?).
Arriviamo al capitolo centrale: la morte de The Mother. Capisco l’essere indispettiti dal fatto che dopo anni di attesa, mamma alla fine arriva, la conosciamo a stento, scorriamo in pochi minuti la sua vita con Ted, il matrimonio… e poi la scopriamo morta sei anni prima che il racconto inizi, e per giunta di una malattia misteriosa e appena accennata. Nove anni aspettando che mamma arrivasse e in realtà era sempre stata morta. Che fregatura. A meno che non consideriamo un paio di fatti. In una storyline fatta di un intreccio di relazioni intricatissimo, non sapendo ancora quante stagioni, quanti episodi, quali storie mettere dentro la serie, solo una cosa gli autori hanno sempre tenuto ferma: che nel 2030, quando Ted inizia a raccontare ai figli la storia di come conobbe mamma, questa era morta da tempo. Lo conferma il fatto che i dialoghi e le scene del divano siano state registrate tutte nel 2005, prima della prima stagione (ovvio: nel 2013 gli attori che interpretavano i figli sarebbero invecchiati, ma i loro personaggi non dovevano esserlo), ma soprattutto i vari indizi disseminati qua e là, anche se magari si possono cogliere solo col senno di poi. Prendi l’ultimo episodio dell’ottava stagione, il monologo in cui Ted parla a un’immaginata Tracy dicendole che tra 45 giorni si sarebbero incontrati, ma vorrebbe anticipare i tempi per avere 45 giorni assieme in più. Allora sembrava una romanticheria inutile, a posteriori si capisce che Ted voleva 45 giorni in più perché il loro tempo era contato. 

Ancora, nella nona stagione c’è un significativo episodio che regala diversi indizi. In un flashforward, nel 2024 Ted sta raccontando a Tracy l’ennesima storia del suo passato. Lei lo ferma, perché, dice, “non voglio tu diventi il ragazzo che vive nei suoi racconti. La vita va avanti”, mentre Ted s’incupisce. Così come quando le racconta della madre di Robin, arrivata a sorpresa al suo matrimonio, e Tracy risponde che “certo che è arrivata, quale madre mancherebbe al matrimonio della figlia?”: Ted scoppia in lacrime. Collegando i pezzi, scoprendo che il 2024 è l’anno in cui Tracy morirà, è chiaro il motivo di quel pianto: sua moglie è già malata e entrambi sanno che non ci sarà quando, un giorno, Penny si sposerà. Inoltre, in nove stagioni, mai una volta nelle scene del divano ci si riferisce alla madre come a una persona effettivamente tuttora esistente: non se ne parla mai al presente, mai si fa un accenno a dove si trovi. Il racconto del Ted del 2030 ai figli dura verosimilmente diverse ore, forse qualche giorno: dov’è la madre in tutto questo, era normale chiedersi "perché non dicono mai cose tipo voglio finire il racconto prima che mamma torni a casa, o mamma è di là a fare da mangiare"? Ecco perché le speranze di un finale in cui lei arriva e raggiunge i figli sul divano erano del tutto vane. Se ciò fosse accaduto, come si lascia intuire nel finale alternativo ridoppiato di tutta fretta, sarebbe una presa in giro, si getterebbe via una coerenza narrativa tenuta in piedi per oltre 200 episodi.
 

Ancora, perché fare terminare una sit-com con un finale da drama? In fondo, vi chiedevamo solo di farci divertire, almeno all'inizio. Ma, del resto, prima di quelli, in “How I met your mother” ci sono stati altri “heartbreaking moments”. In particolare, dalla puntata della settima stagione in cui Robin scopre di non poter avere figli (uno dei punti più toccanti dell’intera serie), “How I met your mother” smette di essere propriamente una sit-com, unendo alle risate momenti più o meno tragici. Prima c'era stata la morte del padre di Marshall, una mazzata la scena in cui Lily gli dà la notizia, e il suo "Non sono pronto per questo". E la scena dell'ultima puntata con Lily, da sola, al centro dell'appartamento dove tutto è avvenuto e ormai vuoto, simbolo di una vita e amici che non ci sono più, è straziante. Il diventare adulti, lasciarsi alle spalle gli anni al pub e le stupidaggini con gli amici, dover affrontare il fatto di dover crescere, assieme alla consapevolezza che i sogni non realizzati se ne sono andati per sempre, e che anche il gruppo, la gang, non sarebbe mai più stata unita come una volta. Del resto, è esattamente di questo che parla il “Friends” della generazione cresciuta nei 2000, no? E chi l’ha detto che una sit-com non possa anche far piangere, o perlomeno commuovere: del resto, perfino I Simpson hanno i loro “heartbreaking moments” (vedi la storia della prima parola di Meggie). La morte della madre, il fatto che dopo tanto cercare la sua “the One” Ted la debba perdere dopo una decina d’anni appena, fa parte del personaggio che s’è delineato attorno a lui: la brava persona destinata a perdere.
Colpo finale, in molti non hanno digerito che Ted dopo la morte della madre si accinga a tornare finalmente con Robin, e che tutta la storia sia solo il modo che ha per chiederne il permesso ai figli, per spiegare loro chi è stata davvero zia Robin per lui. C’è chi la definisce una scelta immorale, addirittura, e qui arriviamo al “passare sul cadavere della madre dei tuoi figli per tornare col primo amore”. Diciamocelo, però, sono passati sei anni, Ted è uno che ha speso la vita a fare sempre la cosa giusta per gli altri: avrà diritto anche lui a un po’ di felicità, no? E, dopotutto, anche Tracy ha alle spalle la morte di quello che riteneva essere l'uomo della sua vita. Si può disquisire sul fatto che per Ted "the One" fosse Tracy o Robin, ma non c’è nulla di male se a 52 anni, rimasto vedovo, non ha più voglia di girare il mondo a cercare la persona giusta con cui invecchiare, e torna invece dalla prima ragazza che aveva desiderato far diventare sua moglie, quella di cui per nove anni è stato follemente innamorato senza un giorno di sosta, e con cui anche 25 anni dopo ancora c’è reciproco affetto. Forse non sarà più amore come poteva essere un tempo, probabilmente "the One", la donna della sua vita, resterà sempre Tracy, ma forse è Robin la persona migliore con cui provare a cercare, per un’ultima volta, la felicità.
Certo, come sottolinea la figlia nel
finale, il tutolo della serie è probabilmente sbagliato: questa non è mai stata la storia di come ho incontrato vostra madre. È la storia del perché vostra madre è stata “the One”, e del perché ora che lei ci ha lasciati, è con Robin che vorrei invecchiare. Sì, ancora lei, 25 anni dopo: “How I couldn’t get over Robin”, dunque.
Detto questo, potete essere legittimamente delusi dal finale. Ma davvero questo fa sì che la serie meriti di essere re-intitolata “How I wasted your time”? Ci siamo tutti divertiti, commossi, arrabbiati, abbiamo riso e pure pianto, durante il percorso: se la destinazione finale risulta deludente, beh, questo non rende il viaggio meno leggen… wait for it…

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