MR 68, un'Icona Pop



Ha vinto lui, alla fine. Con tante scuse per il ritardo. MR68(%) è il nuovo segretario del Pd. Il più giovane, il più popolare, il più chiacchierato. Il più pop, insomma. Un vero personaggio dei nostri tempi. Una vera Icona Pop. Lui lo sa. Ce lo dice con la canzone che lo accompagna mentre entra sul palco per il suo discorso di vittoria. Le Icona Pop, per l’appunto. Mica un caso. 
Nulla è un caso nella comunicazione di MR68, del resto. Non un passaggio del suo discorso, che ha indiscutibilmente un che di obamiano, ma in modo scaltro e non pacchiano come quel “Si può fare” di veltroniana memoria che in tempi non sospetti ci fece sentire puzza di marcio nel tappeto steso sopra a una distesa di vecchia spazzatura che era il nascente Pd. Non l’accenno alla famiglia, ai figli che vivono la scelta del babbo di entrare in politica, che scaldano tanto il cuore. Non gli avvenimenti storici e i fatti di cronaca citati. Non il riferimento al Mandela Forum di Firenze. In fondo, MR68, anche a Bologna il palasport comunale non si chiama più come una macchina, anche se mi rendo conto che per quanto gli si voglia bene Dozza non sia Mandela, e soprattutto non è morto questa settimana.




Delle promesse fatte, ne verrà rispettata qualcuna di più di quelle di Obama? Vedremo. Intanto, avendo perso cinque anni di vita a studiare semiotica, chiedermi cosa ci volesse dire Renzi (o Renzie, per dirla alla grillina) con la sua sigla d’apertura è inevitabile. «Ho messo le tue cazzate in un sacchetto e l’ho spinto giù per le scale», cantano le Icona Pop in “I love it” mentre MR68 sale sul palco. Chiaro, no? È proprio lì che dice di voler mandare l’apparato Pd, giù per le scale. E ce lo dice con una canzone da truzzo da discoteca, perché lui è giovane e cool. «Tu sei degli anni ’70, io sono una stronza degli anni ‘90», continua. E sì, Renzi è quello che a scuola ti rubava i soldi per la merenda e ti pestava perché eri ciccione. Non è che alle primarie Pd abbiano votato gli elettori Pdl. È che dopo tanti buoni uomini perdenti e inadeguati a governare, forse questo cercava il popolo di centrosinistra. Un figlio di puttana va benissimo, basta che per una volta, almeno una, ci faccia vincere, perdio. 
Nella band delle primarie, Renzi era il frontman che tiene il pubblico per le palle; Civati il bassista con un fascino misterioso che se ne sta in disparte, di cui a fine concerto chiedi “Spaccava il bassista, sai mica come si chiama?”; Cuperlo quello che scrive recensioni cervellotiche e incomprensibili sul Fatto Quotidiano. È andata così, e non poteva andare diversamente. Renzi vuole abbattere l’Apparato, Civati al massimo Apparat. Dopotutto, Pippo, non ti devi deprimere. Vincere ti avrebbe fatto diventare mainstream, e questo noi indie non lo vogliamo. E poi, pensaci. Metti che avessi vinto. Se ti avessero piazzato le elezioni a giugno? Come ci andavi poi al Primavera Sound a sentire Pixies e Arcade Fire? Facciamo così, andiamo assieme. I bottellon di calimocho li preparo io.

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