Seven Nation Open Arms

Ci siamo tutti concentrati sull’inno di Mammelle tra le cubiste in bikini, ma è la canzone successiva dell’epico dj-set al Papeete di Matteo Salvini che ne definisce la parabola estiva. “Seven Nation Army”, White Stripes, 2003, al secolo passata come “Popopopopo”. Un grande classico, soprattutto un’esca per riempire la pista da un ventennio lanciata al pubblico da dj pigri che si rifugiano in un porto sicuro (yeah, that’s a reference) se non hanno idee, giocando con le memorie del nostro ultimo momento felice, di quando ci sentivamo grandi ed erano gli altri a copiare noi, i nostri tormentoni e i nostri modi di fare.

E ieri, nel giorno più delicato, il dj Salvini ha fatto di nuovo risuonare in Senato quelle solite canzoni di cui si sente sicuro, quelle di sempre. Sindrome d’accerchiamento, sarcasmo da bar, attacchi a Saviano fuori contesto, ostentazione di religiosità, difesa dei confini da un nemico immaginario, sovranismo. Ritornelli che han dimostrato di funzionare, nell’ultimo anno e mezzo, ma nulla di nuovo, nulla di non già sentito e risentito. È come una pop star che ha indovinato qualche hit un po’ di anni fa e a ogni concerto continua a riproporre sempre e solo quelle, perché in fondo la gente continua a chiederle sempre e solo quelle. E ieri, per la prima volta, come i Gallagher per Wonderwall, ha mostrato di non crederci più così tanto, di averle prese a noia, ma di dover dare al pubblico quel che il pubblico s’aspetta. E allora per tenere alta l’attenzione non resta che aggiungere ogni volta aspetti che sfociano nel grottesco, minacciando le “zingaracce”, invocando Maria e baciando rosari; alla prossima m’aspetto si gonfi d’acqua del Po fino a farsi esplodere in Senato al grido di “Madonna akbar”.
Tutto ciò ci dice che è finito, come Berlusconi e Renzi prima di lui ha osato troppo credendosi onnipotente nel momento in cui aveva consensi bulgari, che in un paese intimamente democristiano come l’Italia è quello in cui bisogno frenare e iniziare a fare i moderati? Non necessariamente. In fondo, i Rolling Stones suonano da trent’anni lo stesso concerto, perché come ogni rockstar sono preda delle dipendenze, e loro sono dipendenti dall’essere Mick Jagger e Keith Richards. E quindi potremmo sentire Salvini a 80 anni gridare “Chi è chel mona che lascia aperti i porti?”

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