I need to be myself


Le prime parole che il mondo intero udì pronunciare da Liam Gallagher furono “I need to be myself, I can’t be no one else”. Era il 1994, prima strofa del singolo d’esordio degli Oasis. Venticinque anni dopo, quelle parole suonano ancora come le più sincere mai pronunciate dal più giovane dei fratelli Gallagher. Devo essere me stesso, non posso essere nessun altro. 
Eccolo lì, allora, sul palco di Barolo, nella solita posa di sempre, a cantare le solite canzoni di sempre, unico essere umano sul pianeta a poter indossare un parka con 35 gradi senza sembrare un coglione. A litigare col fratello e col resto del pianeta come sempre, “l’uomo con la forchetta in un mondo di zuppa”, a far uscire dischi solisti anacronistici in un periodo in cui quel rock’n’roll scarno e diretto non lo fa più nessuno, fatti ancora apposta per la sua voce e con pezzi che potrebbero stare su uno qualsiasi degli album Oasis (o su quelli del nuovo millennio, semmai, nel trittico d’esordio non ha trovato spazio “The Masterplan”, che speranza avrebbe avuto “Shockwave”?).
“I am the whole cliché: the sex, the drugs and the rock’n’roll”, ha ammesso lui stesso, che alla soglia dei 50 anni continua a non poter esser altro dal se stesso che decise di diventare un quarto di secolo fa. In qualche maniera, in un mondo in cui tutto cambia e giorno dopo giorno s’interessa sempre meno di te, che si trasforma attorno a te e inevitabilmente ti sorpassa in velocità, è rassicurante sapere che esiste qualcosa che non cambierà mai, Liam Gallagher. Un Peter Pan che non vuole crescere, magari, ma anche quello capace col solo presentarsi a mani legate dietro la schiena davanti a un’asta del microfono incrinata di farti sentire ancora, assieme a lui, lo stesso di quando avevi vent’anni.
Forse è per questo che molti fan dello zoccolo duro non solo non hanno apprezzato l’attuale fase della carriera solista di Noel, ma si sono trovati persino quasi ad odiarlo. Forse perché è quello che più palesemente ha chiuso le porte in faccia a una reunion, ma probabilmente perché ha eroso quelle certezze e lasciato in balia al mondo che continua a mutare e fregarsene dei tuoi sentimenti e ricordi. Noel, che quelle parole le scrisse, è stato quello che le ha sconfessate. “How many special people change”. Certo, che sia un po’ stronzo è fuor di dubbio, come dimostra al concerto di ieri a Pistoia in cui, davanti agli spettatori che invocavano la sua vecchia band ha risposto “Siete fan degli Oasis? Questa è per voi”, per poi suonare quel pastrocchio disco dance di “Black star dancing”, la cosa più lontana dagli Oasis che ha mai scritto (e auspicabilmente scriverà) e di certo la più invisa ai suoi vecchi fan. Ma poi, scorsa via la prima mezz’ora di concerto, parte un viaggio nel tempo di soli classici degli Oasis , molti dei quali b-side e chicche per fan cantate a squarciagola da tutta la piazza, con la stessa passione riservata a “Don’t look back in anger”, vale a dire l’ultimo grande inno rock. Ma quando le tue b-side sono meglio di qualsiasi cosa scritta negli ultimi vent’anni, alla fine tutto ti vien perdonato. Il derby finisce in parità, i fratelli Gallagher oggi sono in gran forma, e anche se le folle oceaniche son un ricordo hanno ancora la passione dei tempi d’oro, forse maggiore, perché non devon più passare il tempo a tollerarsi per mandar avanti i tour. La reunion non ci sarà mai, mettiamoci l’anima in pace. Ma forse nemmeno ci serve, basterà continuare a sdoppiarsi, da Liam per il rock e da Noel per le ballate, perché in fondo in fondo abbiamo tutti sempre bisogno d’esser noi stessi.

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