La canzone monotona

Strano destino per gli Elio e le Storie Tese: disdegnati e snobbati quando erano geniali e intelligentemente irriverenti; intoccabili ora che sono stucchevoli e noiosi. Ok, lo vogliamo dire? Per quanto ancora potranno nascondere il fatto di non avere più uno straccio d’idea dietro al fatto di essere tanto bravi tecnicamente?

Molti mi odieranno per quanto scritto, quindi lo preciso: io degli Elii sono un fan, a tutti noi hanno dato anni di citazioni, frasi e suoni che continuamente ci raccontavamo tra noi, li ho visti almeno una decina di volte dal vivo, sempre con soddisfazione. Per questo la delusione è maggiore. A forza di tirare la corda, si spezza. E qui non parlo di quanto dietro all’immagine da alternativo Elio stesso sia tra i personaggi più sputtanati dello showbiz, tra reality e le canzoni scritte per prodotti commerciali vari. È già stato detto, poco m’interessa e tutto sommato fa bene a farlo, se può.
Il punto è prettamente musicale. Già il pessimo “Album biango” era stato un campanello d’allarme, salvato dal colpo di genio de “Il complesso del primo maggio”. L’ultimo “Figatta de blanc” conferma quanto purtroppo stavo iniziando a sospettare. Il serbatoio è finito. Per carità, non è un delitto, e dopo oltre vent’anni è più che comprensibile, soprattutto per il tipo di connubio musica-testo scelto dagli Eelst. Ma bisogna dirlo, e ammetterlo: ormai quella che fu una delle band più geniali del panorama italiano s’è ridotta a mettere in mostra un puro esercizio di stile svuotato di contenuti. Fare cose sempre più difficili tecnicamente per strappare gli applausi di chi dice “Eh, sì, testi demenziali, ma senti come sono bravi, mica tutti san fare ‘sto stacco”. Dentro al disco c’è qualcosa d’interessante (“La bomba intelligente”, “Inquisizione”), ma perlopiù sono sbadigli. Il punto è che non sono più divertenti, che in fondo era quel ci ha catturato di loro all’inizio. Non c’è più il guizzo di “Supergiovane”, le filastrocche spiazzanti alla “La vendetta del fantasma formaggino” sono diventata un ostentato giochino masturbatorio fine a se stesso.

Condito da malcelata spocchia, peraltro. E qui gli sbadigli diventano fastidio. Addirittura sbandierare la loro superiorità tecnica e menarcela persino nei testi – ancora una volta – su ‘sto fatto che suonano meglio della gran parte dei colleghi, sottolineando esplicitamente quanto è difficile la roba che fanno (“Ritmo sbilenco”). Sì, va bene, il prog rock, Frank Zappa e tutto il resto. Le abbiamo colte, le citazioni. Ma quanto dovete menarcela ancora, con questa storia? Davvero, se voglio ascoltare i King Crimson o la Pfm, ascolto i King Crimsono o la Pfm. Ok, ora sono un po’ irritato. Penso mi andrò a gustare tutti i tre accordi serviti per “Nevermind”.  

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