Sicuramente, forse: la storia del disco di una vita
Perché scrivere un altro articolo sul ventennale dell’uscita di
“Definitely Maybe”? Lo farà chiunque, e tanti meglio di me. Però non potevo
esimermi. Per me come per tanti come me è stato e sempre sarà l’album più
importante di sempre. L’album capace di cambiarti la vita, l’album capace di
cambiare la mia vita, pure se in
maniera postuma. Anzi, che questo sia accaduto fuori da quel contesto e da quel
tempo, ad anni dalla sua uscita, ne amplifica la potenza.
Ero un appassionato di musica anche prima degli Oasis, certamente. Ma prima di
loro non ne ero mai stato ossessionato, non ero mai stato un fan – nel senso
letterale del termine, fanatico – di nessuno. Non avevo un video del live a
Knebowrth da guardare per intero quando tornavo a casa tardi e dopo aver un po’
bevuto. Gli Oasis hanno cambiato tutto questo. Mi hanno fatto ammettere
placidamente che sì, ne sono un talebano (cit.), e non me ne vergogno. Allo
stesso modo in cui non mi vergogno di dire che “Definitely Maybe” per quanto mi
riguarda vale più della Gioconda; o che Noel Gallagher con le sue canzoni m’ha
dato molto di più di quanto qualsiasi prete, professore o politico abbia mai
fatto.
“(What’s the story) Morning Glory?” è probabilmente un album migliore, più
completo, ma a rendere “Definitely Maybe” epico, oltre al fatto d’essere il
primo, è che contiene un sacco di storie. E sono le storie a farti ricordare di
una persona, un luogo, un’emozione, una canzone.
C’è la storia di “Supersonic”, ad esempio. Di quel giorno in cui Oasis agli esordi si chiusero in studio per incidere una versione accettabile di “Bring it on down” da proporre come singolo di lancio. “Non ne cavavamo fuori nulla – racconta Noel -, ma non volevo uscire a mani vuote. Così mi misi in disparte con la chitarra e saltò fuori il riff e il primo verso di ‘Supersonic’. In mezz’ora avevo tutta la canzone. Andò tipo: ‘Ok… I’m feeling supersonic… cos’è che fa rima con supersonic?’. Sono partito dalla A andando in avanti e sono arrivato alla G: ‘Gin&Tonic… wow, perfetto!’. La gente continua a chiedermi cosa significhi quella canzone, come ho scelto le parole. Fondamentalmente, solo perché facevano rima”. Oppure, la storia di quando Bonhead sentì il riff di “Cigarettes & Alcohol” palesemente plagiato da “Get it on” e protestò. “Non puoi farlo, questi sono i fottuti T-Rex”, disse. “Certo che posso, ora sono i fottuti Oasis”, rispose Noel. Ancora, “Live Forever” nata come reazione a “I hate myself and I wanna die” dei Nirvana. “Ascoltavo questo yankee che aveva tutto quello che io avevo sempre desiderato – ricorda il Gallagher grande -: era milionario, suonava nella più grande band del mondo, la critica lo adorava e il pubblico lo idolatrava. E lo stronzo voleva morire? Non riuscivo a capire: io all’epoca vivevo in un monolocale in periferia, avevo un lavoro da schifo, facevo fatica a pagare l’affitto e non avevo soldi per la sala prove, eppure pensavo che alzarsi ogni mattina fosse la cosa più bella del mondo, perché non puoi mai sapere dove sarai alla sera. ‘Live Forever’ s’è scritta da sola”.
C’è la storia di “Supersonic”, ad esempio. Di quel giorno in cui Oasis agli esordi si chiusero in studio per incidere una versione accettabile di “Bring it on down” da proporre come singolo di lancio. “Non ne cavavamo fuori nulla – racconta Noel -, ma non volevo uscire a mani vuote. Così mi misi in disparte con la chitarra e saltò fuori il riff e il primo verso di ‘Supersonic’. In mezz’ora avevo tutta la canzone. Andò tipo: ‘Ok… I’m feeling supersonic… cos’è che fa rima con supersonic?’. Sono partito dalla A andando in avanti e sono arrivato alla G: ‘Gin&Tonic… wow, perfetto!’. La gente continua a chiedermi cosa significhi quella canzone, come ho scelto le parole. Fondamentalmente, solo perché facevano rima”. Oppure, la storia di quando Bonhead sentì il riff di “Cigarettes & Alcohol” palesemente plagiato da “Get it on” e protestò. “Non puoi farlo, questi sono i fottuti T-Rex”, disse. “Certo che posso, ora sono i fottuti Oasis”, rispose Noel. Ancora, “Live Forever” nata come reazione a “I hate myself and I wanna die” dei Nirvana. “Ascoltavo questo yankee che aveva tutto quello che io avevo sempre desiderato – ricorda il Gallagher grande -: era milionario, suonava nella più grande band del mondo, la critica lo adorava e il pubblico lo idolatrava. E lo stronzo voleva morire? Non riuscivo a capire: io all’epoca vivevo in un monolocale in periferia, avevo un lavoro da schifo, facevo fatica a pagare l’affitto e non avevo soldi per la sala prove, eppure pensavo che alzarsi ogni mattina fosse la cosa più bella del mondo, perché non puoi mai sapere dove sarai alla sera. ‘Live Forever’ s’è scritta da sola”.
In fondo “Definitely Maybe” è un sogno ad occhi aperti, quello di due operai
che fanno fatica ad arrivare a fine mese e improvvisamente si ritrovano ricchi,
famosi e felici. Aprire con “Rock’n’roll Star” è come dire: “Guardate che
l’abbiamo sempre saputo, che sarebbe andata così”. Anche quando suonavano quel
brano e gridavano “Stanotte sono una rockstar e vi ho tutti in pugno” in bar di
periferia davanti a dieci persone che applaudivano per inerzia. Loro lo sapevano,
e non si sentivano ridicoli a dire quelle cose anche quando il pubblico erano
gli ubriaconi del paese. Così non si fanno problemi a scopiazzare i T-Rex, a
rubare la strofa di “Shakermaker” da un jingle della Coca-Cola, a dedicare un
brano alla Colombia in quanto primo paese produttore della coca (quell’altra).
Ma quando arrivi a “Married with children” la reazione giusta è “Porca puttana,
me l’avete fatta”. Sta’ a vedere che “Definitely Maybe”, tra una filastrocca e
l’altra, tra uno “Shiiiiineeeee” e una rima nonsense, altro non è se non un - forse
inconsapevole - concept album sul delicato passaggio dai 20 ai 30 anni. Non a
caso me ne sono accorto solo dopo migliaia di ascolti, proprio mentre anch’io
m’accingo a varcare quella soglia. Inizi dallo spirito cazzaro da studente
fuorisede di “Rock’n’roll Star”, passi da abusi di droga e alcol, e chissà come
arrivi alla frustrazione della routine in una coppia che un tempo s’amava ma
ormai s’è detta tutto. Una conclusione alla quale si giunge per gradi, passando
dall’amore raccontato in modo tanto diverso nelle due gemme più sottovalutate
del disco: quello spigliato e divertito di “Digsy’s Dinner”, che per quanto
ammetta che non si sta vivendo in maniera molto saggia fa promesse importanti;
e quello più profondo e aulico di “Slide Away”, la perla che al di fuori della
cerchia dei fan nessuno o quasi conosce, ma che qualsiasi mad4it metterà sempre
davanti a “Wonderwall”. Se “Live forever” rimane un pezzo a sé, il capolavoro
assoluto valido ad ogni età (e anche la canzone che vorrò al mio funerale, questo
post valga da testamento), scopri così che a vent’anni il tuo brano preferito
del disco era “Cigarettes & Alcohol”, mentre all’alba dei trenta ti rendi
conto di come “Married with children” sia probabilmente la canzone più
sottovalutata dell’intera produzione gallagheriana.
Riletto così, “Definitely maybe” diventa una lunga cavalcata lungo il percorso
del passaggio all’età adulta. Prima racconta della gioventù d’eccessi, le
sbronze, la vita notturna, poi passa all’amicizia, alla ricerca di un lavoro,
al precariato (perché in fondo “Cigarettes & Alcohol” è anche questo: “vale
la pena dannarsi per trovare un lavoro quando non c’è nulla per cui valga la
pena lavorare?”). Poi trovi una donna e ti cambia la vita, e le fasi dell’amore
gli Oasis te le raccontano tutte, in coda del disco, con un finale
spietatamente onesto. Dall’innamoramento giovanile e spensierato di “Digsy’s
Dinner”, all’amore romantico e alle promesse di “Slide Away”, fino alla
disillusione e all’arrendersi all’abitudine della vita di coppia di “Married
with children”. Sia un finale lieto o meno, difficile dirlo. Perché, in fondo,
posso anche lamentarmi di te, dei tuoi libri, della tua musica, dei tuoi amici.
Ma tanto “lo so che poi tornerò qui da te”.
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