Freak, eri uno Skianto


Addio Freak, e perdonaci per essere stati un pubblico di merda. Perché se c’è una band che avrebbe meritato più di “35 anni di grandi insuccessi”, quella sono gli Skiantos. Stamattina se n’è andato il loro bardo e cantore, Freak Antoni. Alla fine ha avuto la meglio la malattia che lo lacerava da anni, anni convissuti col dolore. Sempre col sorriso, nonostante tutto, si potrebbe dire, ma non sarebbe la verità. Ma, di sicuro, senza far mai pesare a nessuno la sua malattia, quello sì. Non era uno che delegava, Roberto Antoni. Le cose le ha sempre vissute in prima persona, e non s’è mai tirato indietro quando c’era qualcosa da dire. 
Fu il primo punk italiano, forse l’unico. Nato nella città dei cantautori (sempre pronti a fregarti coi tramonti?), Freak Antoni è stato probabilmente il più grande e più sottovalutato rocker italiano. Il coraggio di presentarsi a un concerto-evento al PalaDozza e mettersi a cucinare spaghetti invece che suonare è senza dubbio roba punk. Mentre il pubblico fischiava e gli lanciava di tutto, compresi escrementi (erano gli anni ’70, e ai concerti valeva tutto), Freak rispondeva con una delle sue frasi-icona: “Non capite un cazzo. Questa è avanguardia, pubblico di merda”. Nella città dei cantautori, forse il primo artista con un certo seguito a mandare a ‘fanculo il proprio pubblico. E intanto cantava di come non ci fosse nulla da aspettarsi da un paese con la forma di una scarpa, suggeriva di bruciare le banche (e non erano mica i tempi di indignados e indivanados) e, tra una sottile (?) metafora sul kinotto e un’altra, sdoganava l’amore per le sbarbine ben prima che le più alte cariche dello stato facessero andare la realtà oltre alla provocazione.
Per questo, e per tanto altro, derubricare gli Skiantos semplicemente come band demenziale è, questo sì, demenziale. Certo, lo sono stati, ben prima di Elii più nazionalpopolari. Ma l’ironia era un mezzo. Forse non tutti l’hanno capito, e per questo gli Skiantos sono rimasti il gruppo più sottovalutato del rock italiano. In Freak Antoni, negli ultimi anni, sfiancato dalla malattia e senza più modo di lottare, era rimasta l’amarezza di “una vita passata a nuotare faticosamente contro corrente”, senza mai raggiungere la considerazione che sapeva di meritare. Del resto, lo sapeva bene, lui, che “non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti”. 
Ora partirà il solito fiume in piena di ricordi, e tante ipocrisie. Io gli Skiantos non li ho vissuti di persona, ho imparato ad amarli a posteriori; e Freak Antoni l’ho conosciuto solo di striscio, in mezz’ora di intervista. Quindi no, non lo conoscevo, e dunque non posso dire che, giorno dopo giorno, mi mancherà e starò male per la sua scomparsa. Però era come quegli amici che, anche se non vedi quasi mai, ti fa piacere sapere che, da qualche parte, ci sono. Quindi, un saluto, ecco tutto. Con la speranza che il futuro, almeno quello, ti darà ragione.

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